Questi versi malinconici e disincantati, che potrebbero sembrare l’opera di un poeta romantico al limite dell’abisso, non sono in realtà dell’illustre Lorenzo il Magnifico, ma del noto compositore toscano Giacomo Puccini. Conosciuto per la sua abilità di trascrivere le emozioni in musica, Puccini aveva anche l’abitudine di mettere i suoi pensieri in rima nelle lettere scritte agli amici. Questi versi specifici risalgono al 1922, quando il compositore, a due anni dalla morte, aveva 64 anni.
Da questi versi emergono la forte tenacia e il cinismo di un uomo molto innamorato della vita. Un uomo che ha fatto dell’intensità di vivere la sua filosofia di vita. Questa passione pulsante per la vita si rifletteva anche nei suoi hobbies, tra cui l’amore per i motori di tutte le tipologie: automobili, motociclette, motoscafi e yachts. Addirittura Puccini possedeva una barca che aveva chiamato “Cio-cio-san”, ispirata alla protagonista di “Madama Butterfly”. A replicare la sua intensa passione per la vita, Puccini mostrava un particolare affetto per le automobili e i motori.
Nel 1922, Puccini organizzò il suo più lungo viaggio in automobile, un tour attraverso l’Europa segnando una sorta di diagonale est-ovest. Questo viaggio, la sua ultima grande vacanza, fu affrontato con grande entusiasmo e forza.
Tuttavia, nonostante l’amore per i motori, Puccini non era un guidatore appassionato. Preferiva essere fotografato accanto alle sue auto, acquistarle e possederle, ma quasi sempre erano autisti o amici fidati a guidare. Amava prendere il volante solo quando un insieme di condizioni positive erano presenti: una giornata luminosa, bel tempo e un percorso non troppo lungo. Non è nemmeno certo che avesse mai avuto una patente, sebbene esista un “Permis de Libre circulation Internationale” rilasciato dal Touring Club Italiano nel 1906, con residenza registrata a Milano, in via Giuseppe Verdi.