In un post scritto da Gianfranco Di Mare, un ingegnere di performance, si discute l’utilizzo della curva di supercompensazione nei nostri allenamenti. Se usata correttamente, questa curva può portare a progressi significativi nella forma fisica. Tuttavia, un utilizzo improprio può causare il degrado della forma fisica o l’incapacità di recuperarla.
Di Mare spiega questo concetto con un esempio pratico: prima dell’allenamento, l’atleta ha un certo grado di forma fisica.
Se l’atleta si allena in modo adeguato e poi si riposa correttamente, il suo stato di forma migliora. Infatti, dopo un certo periodo di tempo, l’atleta si ritrova più forte di prima. Se si continua a seguire questo ciclo di allenamento e riposo, si sperimenta la curva di supercompensazione più volte. Da ciò, Di Mare conclude che se un atleta si allena continuamente quando è al picco della sua forma (l’apice della curva di supercompensazione), continuerà a fare progressi ad una velocità ottimale.
L’ingegnere illustra ulteriormente questo concetto con l’immagine di una curva rossa, che rappresenta il ciclo di allenamento descritto sopra. Se l’atleta continua ad allenarsi quando è al picco della sua forma, sperimenterà un nuovo ciclo di supercompensazione, raggiungendo una forma fisica ancora superiore.
Come sottolinea Di Mare, mettere in pratica questa strategia non è semplice. Non esiste ancora uno strumento che determini la forma della curva di supercompensazione per ogni individuo. Ci sono molte variabili da considerare, soprattutto quando si cerca di ottimizzare l’efficienza. E’ importante tenere in considerazione che ogni atleta è diverso e quindi la sua curva di supercompensazione sarà unica.
Se non si riesce a individuare il punto di picco della forma fisica e si anticipa o si ritarda l’allenamento seguente, si possono manifestare problemi. Di Mare promette di approfondire questo tema nel prossimo post.