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Eseguire una buona corsa – Procedere in modo scomposto

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Scritto da Gianfranco Di Mare

Ingegnere delle Prestazioni

Ieri abbiamo individuato due elementi della corsa che ne limitano l’efficacia: la modalità di avanzamento saltellante (ovvero, la componente verticale della spinta) e la modalità di appoggio del piede che inhibisce la propulsione.

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Oggi, discuteremo del primo. L’immagine in questo post è interattiva e può essere ingrandita per una visione più chiara.

Ci sono due punti chiave sulla componente verticale della corsa: uno è che generalmente diminuisce con l’aumentare della velocità; l’altro è che è impraticabile e non ha senso eliminarla completamente.

Per comprendere meglio potete correre lungo un muro o un cespuglio alto quanto voi: questo chiarirà che in fase di spinta ci muoviamo anche verso l’alto e in fase di appoggio torniamo giù.

Considerando che vogliamo avanzare in direzione frontale, la spinta verso l’alto può essere vista come un’energia sprecata. Però, guardando le cose più realisticamente, per avere una spinta completamente in avanti dovremmo spingerci da un muro e non dal suolo!

Una certa quota di spinta verticale è quindi fisiologica, inevitabile e perfettamente accettabile. Infatti, se provate a correre più velocemente accanto a quel cespuglio, vedrete che le oscillazioni verticali saranno molto più ridotte. Ciò è legato all’attrito con il suolo e all’inerzia del nostro movimento.

Quindi come si può raggiungere – se non si è già – una corsa con una “giusta” componente di spinta verticale?

Il cespuglio o il muro rappresentano in se un efficace strumento di apprendimento: infatti, capire cosa stiamo facendo e come cambia quando proviamo a fare qualcosa di diverso, è già un modo eccellente di lavorare su noi stessi. Sbagliamo spesso perché non abbiamo modo di valutare i nostri errori. Correndo vicino a un punto di riferimento (che può essere meno preciso e definito una volta afferrato il concetto), possiamo fare piccoli aggiustamenti e valutare immediatamente i loro effetti, migliorando così l’esecuzione.

Infatti, trovo che questo sia lo strumento pedagogico migliore per chi è autodidatta e non ha una grande conoscenza tecnica degli esercizi atletici; ci sono altre tecniche che generalmente si utilizzano a questo scopo, ma richiedono competenza e attenzione considerabili. Ne discuteremo nel prossimo post.

Foto: E. Arcelli, Correre è bello. Courtesy Sperling & Kupfer, 1979.

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