Credo personalmente che una delle maniere più efficaci per evitare di cadere nel cliché è rifiutare le semplificazioni ingannevoli. Un buon esempio di ciò sono i generici giudizi che si attribuiscono alle cose, come il definirle buone, cattive, che fanno ingrassare, giuste, sbagliate.
Vi illustrerò con alcuni esempli tratti dalla realtà. Ma, permettetemi di citare Einstein quando diceva “tutto nella vita è relativo”. Infatti, il mettere in discussione le valutazioni e le interpretazioni ci offre la possibilità di ampliare i nostri giudizi. Anche se, un uomo saggio nutre sempre dei dubbi, ma questa non è una certezza.
Prendiamo ad esempio, un pezzo di carne putrefatta. Nessuno, né umano né animale, vorrebbe mai mangiarla, ma per vari batteri, piccoli animali ed insetti, rappresenta una fonte di vita e nutrimento vitale. Pertanto, non si può definire buona o cattiva, ma meramente adatta a certe specie e non adatte ad altre. E simili forme di relativismo esistono in tutti i campi.
Fortunatamente, come molti altri esseri viventi su questo pianeta, siamo molto adattabili. Funzioniamo bene poiché siamo il risultato di una serie di meccanismi complessi che si compensano l’uno con l’altro. Certo, un veleno potrebbe ucciderci, ma a che dosi? Le dosi sono standard per tutti? E ogni sostanza classificata come velenosa ha lo stesso effetto su tutte le persone? Assolutamente no!
Invece di parlare di veleni, vorrei sottolineare come sia pericoloso affermare in modo categorico se un’abitudine, un alimento o una pratica siano dannosi o benefici. In realtà, abbiamo una notevole capacità di resistere ai colpi (se non altro, a livello fisiologico). Potremmo avere alcuni aspetti della nostra fisiologia particolarmente robusti e adattabili mentre altri meno. Ecco un esempio: ammettiamo che io abbia una capacità digestiva normale e consumo un pasto ad alto contenuto di grassi. Questa situazione causerà uno squilibrio nel mio organismo, alterando le normali funzioni del fegato, la qualità del sangue, l’attività del sistema linfatico, la produzione di alcuni ormoni. Questo stato durerà alcuni giorni durante i quali il mio organismo si ripristina. Dopo un lasso di tempo ragionevole, è molto probabile che tutto tornerà alla normalità (a meno che non si verifichino circostanze particolari per ragioni specifiche). Così, anche se parliamo di squilibrio, àssumo che il mio corpo possa sopportare gli stessi eccessi senza causare anomalie peggiori della volta precedente.
Per concludere, ciò che realmente risulta dannoso, è sottoporre ripetutamente e per lunghi periodi un organismo a stimoli stressanti senza concedergli il tempo o i mezzi per recuperare. Quindi, è fondamentale considerare non solo la qualità dell’azione (un cibo stressante per il mio organismo? Un virus? Una delusione?) ma anche lo stato fisico della persona e il suo trascorso. Pertanto, non si può affermare categoricamente che un certo alimento è dannoso. Dipende dall’individuo, dal contesto e dal momento.
Riguardo alle altre categorie di semplificazioni ingannevoli, invito a riflettere su esse partendo dalla propria esperienza quotidiana. Ricordate, sarebbe un errore scommettere su questi argomenti!
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