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Buffon diventa il campione del malinconico dopo un taglio radicale

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Nell’autobiografia del famoso portiere italiano Gigi Buffon, intitolata “Numero 1”, l’atleta svela per la prima volta di aver lottato con una grave depressione. “Era il 2004. Mi chiedevo a cosa servisse essere Buffon, essere sfacciato e noto. A nessuno interessa come sto, importa solo come gioco.

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Una psicologa mi ha aiutato, ma senza il sostegno della mia famiglia, non sarei mai riuscito a superare questo”, ha confidato.

Ho riso amaramente alla lettura di questa notizia presentata durante l’edizione delle 12:25 di StudioAperto, il tg di Italia1. “Sì, anche la depressione tra celebrità e persone comuni è differente. Come persona affetta da depressione, mi dicevo ‘A chi importa se vivo. Le persone si preoccupano solo di quanta produttività posso generare’.

Può la depressione grave di Buffon essere diversa da quella di un uomo comune, che non è ricco né famoso e non gioca a calcio, ma ogni giorno deve dimostrare le sue abilità in tutto ciò che fa? Spero di no, almeno per le persone che lottano con la depressione e che non sono ricche o famose. Una dichiarazione come quella può essere molto dolorosa per chi ha affrontato questi problemi.

Non ho voluto subito pensare che Buffon fosse così insensibile da pubblicare una simile sciocchezza nella sua autobiografia. Minimizzare la “grave depressione” definendola come “non importa essere ricco e famoso” è offensivo per chi lotta veramente con la depressione e che lotta per la propria sopravvivenza.

Ho approfondito la questione e ho scoperto che l’uscita dell’autobiografia di Gigi Buffon è stata annunciata anche da altri toni di Antonio Cassano. Il commento di Buffon è stato citato da diversi giornali, ma non esattamente così come è stato riportato da StudioAperto.

Lo stesso sito SportMediaset attribuisce a Buffon la frase “A cosa importa essere Gigi Buffon? Per le persone sei un idolo, ma nessuno chiede come stai”. Anche gli altri media condividono la stessa citazione.

In sintesi, la tragedia vissuta da Buffon come presentata da StudioAperto poteva sembrare un capriccio di un bambino viziato che non può ottenere di più di ciò che ha già e che osa chiamare il suo dispiacere depressione.

Tuttavia, se leggete l’intervista realizzata dalla rivista La Stampa, capita che il dolore di Buffon era reale e grave. Un’esperienza dolorosa vissuta da molte persone, condivisa anche per mostrare “la depressione può colpire chiunque, famoso o no”, “Non si sa quando colpirà e perché” e “Non si sa quando passerà, ma certo passerà se ricevi aiuto”. Gli amici, la famiglia, ma soprattutto i terapeuti sono figure importanti, come Buffon ha dovuto riconoscere.

Al team di StudioAperto, vorrei dire: la prossima volta che parlate di un problema serio, fate attenzione a come lo presentate. Altrimenti, anche la depressione rischia di essere banalizzata!

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